IERI, PER RICORDARE

35 anni fa, la prima battaglia per una facoltà universitaria in Friuli 

Le vicende della battaglia per ottenere una o più facoltà universitarie con sede in Udine hanno origini lontane se ci si riferisce a richieste, auspici, perorazioni per ottenere qualche facoltà (particolarmente magistero), ma sicuramente queste aspirazioni piuttosto generiche presero ben diverso corpo nel 1965, 35 anni fa.
Le pubblicazioni che si occupano di quanto accadde tra quel 1965 e l' agosto 1977 (promulgazione della legge 546 che, all'art. 26, istituiva l'Università di Udine) non sono molte.
Una, che si occupa dell' intero periodo, è una serie di interviste fatte da Clara Rossetti a un certo numero di protagonisti ("L'Università di Udine, eventi e personaggi della nascita di un ateneo", editore Cassa di risparmio di Udine e Pordenone, Il Poligrafo casa editrice s.r.l., Padova, 1994); due sono le edizioni de "L'Università friulana" di Gianfranco Ellero e Raffaele Carrozzo, la prima del 1966,  la seconda del 1967 (Grafiche Fulvio, Udine); un' altra è "L'Università del popolo friulano", ancora di Gianfranco Ellero, edita nel 1974 che rappresenta un completo panorama fino a marzo di questo anno (Arti Grafiche Friulane, Udine) e la più  recente  è "La lotta per l'Università friulana", opera postuma di Tarcisio Petracco, edita da Forum Editrice Universitaria Udinese s.r.l., Udine, 1998, che si occupa di queste vicenda dal 18 marzo 1971 fino alla scomparsa dell'autore, e cioè anche oltre il 1977.
Nella presentazioni di quest'ultimo libro, il dott. Marino Tremonti liquida i primi "due agili volumetti" ma anche il libro di Ellero (pubblicato nel 1974) definendoli rientranti "nella preistoria". Secondo lui, poi, "non è storia" il libro della Rossetti, "una giornalista venuta da lontano e desiderosa di capire un esotico ambiente e una strana vicenda." 
Chi scrive si propone - con qualche inevitabile pedanteria - di ricostruire in una prima parte quanto accadde dal  1965 a marzo 1971, ovvero a quando entrò in scena il prof. Tarcisio Petracco il quale, pensando che il suo impegno sarebbe durato un anno,  sottopose ai colleghi insegnanti del Liceo classico "Stellini" una petizione nella quale si plaudiva "all'impegno recentemente assunto dal Consiglio regionale per la creazione dell'Università di Udine." (op. cit. pagg. 4,5).
Nella seconda parte si occuperà del periodo dal 1971 alla primavera del 1973 (perché allora chi scrive cessò dalla carica di consigliere regionale e da allora il suo ruolo fu necessariamente diverso).
Secondo Petracco (pag. 131 - Capitolo XVII - Mosse avversarie e diserzioni) sempre chi scrive fu l' unico "disertore" dal suo comitato: quindi toccherà spiegare le ragioni per le quali fui indotto a dimettermi.
Ma la ricostruzione dei fatti non terminerà con l' istituzione dell' Università di Udine.
Come il lettore vedrà, non solo di questo argomento ci occupammo in Consiglio regionale, in Consiglio comunale a Udine e sulla stampa per tanti anni.
Arriveremo così fino al 15 dicembre 1999, giorno in cui fu promulgata la legge 482 "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", promulgazione con la quale riteniamo si sia concluso il nostro impegno, durato oltre 30 anni.   

       

Non sembri ozioso che io tenti di rispondere a tre domande che documentano e spiegano perché, ad un certo punto della mia vita, ai fatidici 33 anni, abbia cominciato ad interessarmi di politica friulana passando dalla porta della storia.
Quando: nel 1965. Come: essenzialmente attraverso le colonne del quotidiano udinese "Messaggero Veneto". Spiegare perché richiede un ragguaglio un po' più lungo. Dal 1958 avevo cominciato ad interessarmi di storia della mia famiglia della quale non sapevo praticamente nulla. Dalla storia domestica ero necessariamente passato alla storia del Friuli e di qualche argomento, letto e rimasticato, avevo cominciato, dal 1962, a pubblicare sul "Messaggero Veneto". Mi aveva aperto le porte del giornale Alvise De Jeso, allora capocronista; la collaborazione era gratuita (un panettone a Natale).
Ero ancora ben lontano dal subire il fascino del documento. Mi muovevo essenzialmente nelle fonti scritte salvo che per una ricerca sui periti pubblici, agrimensori, geometri dove assaggiai anche il gusto degli archivi.
Avevo però trovato un argomento che mi interessava particolarmente: l'emigrazione friulana. Non si trattava solo di affrontare aspetti storici, ma anche sociali e civili. Progettai di scrivere un libro (il primo volume uscirà nel 1967; il secondo nel 1969).
Era, come detto, il 1965 ed avevo in cantiere, oltre al lavoro sui geometri, un libro per il centenario del 1866 e un fotolibro (in collaborazione con Alvise De Jeso) sempre per la stessa ricorrenza.
La regione Friuli-Venezia Giulia, la cui vita s'era avviata con le elezioni della primavera del 1964, cominciava a scontrarsi con i primi ostacoli che nascevano per la contrapposizione tra il Friuli e Trieste. E gli ostacoli più difficili da superare si dimostravano quelli della localizzazione degli assessorati e quello della localizzazione della facoltà universitaria di medicina.
Nei programmi elettorali (specie in quello della Dc, allora partito che raccoglieva grandi consensi)  s'era scritto che questa facoltà sarebbe stata realizzata a Trieste, ma a Udine non tutti erano d'accordo.
Le aspettative friulane di avere qualche facoltà universitaria, come si è detto, erano da tempo manifeste.
Già prima delle elezioni regionali, in marzo 1964, la Società Filologica Friulana aveva riproposto che a Udine avesse sede una facoltà umanistica (si pensava, ripetiamo, a magistero).
Il 7 ottobre, il consiglio dell'Ordine dei medici della provincia di Udine (che allora comprendeva anche l'attuale provincia di Pordenone) richiedeva, con un ordine del giorno, che Udine diventasse sede della facoltà di medicina. Le forze politiche (e in particolare la Dc), si trovarono a dover affrontare un ostacolo imprevisto.
Nacque un comitato, si andò a Roma a parlare. Da Trieste giungevano segnali assai poco distensivi. In fondo, i triestini - a ragione - semplicemente chiedevano che i politici rispettassero gli impegni.
Ma in Friuli (e a Udine particolarmente, anche perché qui vi era un ospedale assai più moderno ed efficiente di quello triestino) si cercava di insistere. A livello di Consiglio regionale, Renato Bertoli del Psdi, in maggio 1965,  presentò, facendola firmare anche ad altri (che poi l' abbandoneranno per strada), una mozione per sostenere la creazione della facoltà di medicina a Udine.
Ingessati i partiti, qualche voce si fece leggere principalmente dalle colonne del "Messaggero Veneto" in particolare. Il quotidiano aveva - come ha - una larga diffusione; altre voci, apparse su altri fogli, erano destinate a risultare meno efficaci.
Il giornale era allora diretto da Isi Benini (che doveva firmarsi "direttore responsabile incaricato" ovvero un direttore di transizione tra il triestino Carlo Tigoli e Vittorino Meloni, che assunse l'incarico all'inizio del 1966) e a questo giornalista va riconosciuto il merito di aver dato spazio nelle lettere dei lettori a quelli che intendevano dire la loro, quasi sempre mantenendo l'anonimato. Così "Calbano" (pseudonimo che ritroveremo) si vide pubblicato un lungo intervento intitolato "La Facoltà di medicina" il 20 agosto.
Il comitato presieduto dall'avv. Mario Livi si fece udire l' 8 settembre ("Udine non disarma per la facoltà di medicina").
Personalmente ero estraneo a questo dibattito. Esordii nel nuovo campo della polemica sociale e politica determinato da due sciagure che avevano visto vittime nostri lavoratori emigrati in Svizzera.
Così apparve, il 15 settembre, una lettera titolata "Friuli migrante" che così si concludeva: "Ma, signor Direttore, troveremo l'energia necessaria a vincere una apatia che condanna inesorabilmente il Friuli a starsene buono buono ed a pagare (anche col sangue) l'ingiustificabile ignavia delle nostre classi dirigenti?"
Il 21 settembre apparve - sempre nella rubrica delle lettere - lo "Sfogo di un friulano" (firmato Luciano Pegoraro); il 24 due lettere senza l'indicazione degli autori, titolate "Sfoghi di friulani" e "Cosa si è fatto per il Friuli?".
Il 25 fu pubblicata un'altra mia lettera ("Questo Friuli"), che - sempre insistendo sul tema della emigrazione - polemizzava non
troppo velatamente con la Filologica che si apprestava a celebrare il suo congresso il giorno seguente.
A Gemona  in sede congressuale ci fu un acceso dibattito, giornalisticamente riassunto da Alvise De Jeso il 27. Si era discusso, tra l'altro, su due ordini del giorno, uno presentato dal dott. Luigi Ciceri per chiedere l'istituzione a Udine della facoltà di magistero (approvato all'unanimità) e uno presentato dal prof. don Francesco Placereani per la facoltà di medicina (approvato con 66 sì e 32 no). I soci triestini nel dibattito avevano  manifestato la loro fiera contrarietà.
Ed è a questo punto che divento interlocutore di alcuni friulani (che non si rivelano firmandosi), che inviano al giornale una lettera (pubblicata l'8 ottobre, sotto il titolo "Il destino del Friuli") e, prendendo spunto dal mio scritto del 25, dichiarano di sentire il dovere di farmi sapere "da queste stesse colonne che la sua voce di dolente friulanità non è caduta nel deserto; e diciamo che molti si sentono amareggiati per questo 'atavico destino' a cui nessuno può credere, ma che pure ci costringe a stare 'buoni buoni in un angolo buio e a piangere'" (ripetevano parole della mia lettera). Rassicuravano che lo spirito di ribellione "è già emerso o meglio è esploso, nel recente 42° Congresso della Società Filologica Friulana, tenutosi a Gemona, come onestamente  ha registrato il Suo (si rivolgevano al direttore) giornale nel numero del 27 settembre."
Insistevo. Il 9 ottobre veniva pubblicata un'altra mia lettera, titolata "Il male dei friulani" e qui affrontavo anche il tema della facoltà di medicina affermando: "E' vero che il congresso della Filologica ha votato un encomiabile ordine del giorno, ma è anche vero che su 98 votanti 32 hanno detto 'no'."
Mi ero così "sposato" con il problema dell' Università in Friuli, un tema che mi impegnerà - come vedremo - per diversi anni.
Frattanto gli onorevoli Armani, Lorenzo Biasutti, Toros (Dc), Fortuna e Marangone (Psi), Zuccalli (goriziano del Psdi) e Taverna (Pli) avevano presentato al ministro Gui una interpellanza tendente a sostenere l'istituzione della facoltà di medicina a Udine. Il 13 ottobre il "Messaggero Veneto" pubblica la lettera di "un friulano" compiaciuto, titolata "Sintomi di risveglio".
E risveglio pare davvero perché quello stesso giorno il consigliere regionale Emilio Del Gobbo (Dc), anche a nome dei colleghi friulani del suo gruppo, illustrò una interpellanza "per la Facoltà di Medicina a Udine". L'assessore competente Vicario lesse una lettera inviatagli dal rettore triestino Origone. Del Gobbo si dichiarò "nettamente insoddisfatto per quanto riguarda la Facoltà di Medicina e Chirurgia perché viene delusa ogni aspettativa delle popolazioni interessate." Si disse invece soddisfatto in merito al voto del senato accademico favorevole alla istituzione a Udine della facoltà di magistero, dell'istituto aggregato di ingegneria, del biennio propedeutico di ingegneria e del corso di laurea in statistica.
Numerosi gli interventi di lettori. Il 15 ottobre "un gruppo di friulani" scrive "Per la facoltà di medicina" mentre la Camera di Commercio esprime "Nuovo voto sulla Facoltà di medicina a Udine"; il 23 "Calbano", che si dimostra assai informato sugli avvenimenti, scrive su "La Facoltà di Medicina". Il 29 torno sugli argomenti già trattati col titolo "Prospettive per il Friuli".
Il 2 novembre si riuniscono i circoli goliardici a Udine: si decide di dare inizio a una agitazione studentesca. Gli universitari vanno in Comune (li riceve il vicesindaco). 
Il consigliere regionale Renato Bertoli insiste. Presenta una nuova mozione per ottenere a Udine la facoltà di medicina,
E' tutto un pronunciarsi di partiti, sodalizi, confraternite: tutti - a parole - sono per Udine e per il Friuli. Ma si sta per consumare l'inganno. 
Il 10 novembre si legge una lettera di don De Santa "assistente del circolo universitario 'Clape furlane' " titolata "Lo sciopero degli studenti per la Facoltà di Medicina". Giustifica un fatto (lo sciopero) che deve ancora avvenire.
L'inganno ha bisogno di una sanzione clamorosa per essere meglio creduto. Quel venerdì 12 il "Messaggero Veneto" pubblica una lettera di "Fa" "I diritti del Friuli" e l'annuncio che per il giorno dopo è indetta una grande manifestazione studentesca in favore della richiesta friulana: La manifestazione ha talmente il clima della ufficialità che si pubblicano persino gli itinerari che i bus cittadini seguiranno per non intralciare il manifestarsi della ormai inutile e pilotata protesta.
Quello stesso giorno, rompendo gli indugi e con tempismo che ha sicuramente bisogno di complicità friulane, i triestini istituiscono la facoltà libera di medicina presso la loro Università.
Ma a Udine si fa finta di non sapere che la battaglia - dopo questa mossa - è effettivamente perduta: si vuol far credere che la manifestazione degli studenti avrà un peso decisivo.
"Il Gazzettino" titola il giorno seguente: "Imponenti manifestazioni a Udine, Tolmezzo e Cividale - DIECIMILA STUDENTI SFILANO INVOCANDO L' ISTITUZIONE DELL' UNIVERSITA' FRIULANA - Hanno protestato contro la decisione dell'ateneo statale di Trieste di aprire una facoltà libera di medicina. Reclamano il diritto della Piccola Patria ad avere un complesso di istituti medi superiori, a cominciare appunto da quello di medicina. Alzati cartelli che esortano le autorità a difendere i diritti della nostra terra."
Gli universitari indirizzano una petizione a Saragat (allora Presidente della Repubblica) al Governo e alla Regione. Praticamente tutti i partiti e i loro esponenti - deputati in testa - fanno finta di essere inorriditi dalla mossa triestina e pronti a vender cara la pelle (già venduta in precedenza per poco).
Tuttavia, convinti che ci sia ancora un margine, insistiamo. Il 15 novembre esce un mio articolo in terza pagina intitolato "La città di Udine ebbe nel 1849 un piccolo ateneo di medicina", pezzo corretto storicamente ma certo pensato in maniera strumentale.
Ma ci sono anche voci contrarie. Alessandro Ortis, "consigliere nazionale studenti ingegneria del Politecnico di Milano" afferma che le rivendicazioni sono "solo di tipo tradizionale o, peggio, regionalistico" (16 novembre). Insisto (il 17) con "Le colpe...dei friulani"; il dott. Francesco A. Zani, il 18, si dichiara contro l'istituzione della facoltà universitaria a Udine; gli risponde il 19 "un friulano"; il 20 si pubblicano due lettere: una di "Colbano" e l'altra di "un gruppo di friulani".
Il 21 novembre, in extremis (il 23 ci sarà la discussione in Consiglio regionale sulla mozione Bertoli, presentata - come abbiamo visto - pochi giorni prima)  il giornale pubblica un mio intervento "La facoltà di medicina" e uno di Anna Jus "per un gruppo di universitari tarcentini" titolato "Questo Friuli". 
Due giorni dopo si discute in Consiglio regionale e il 24 il "Messaggero Veneto" titola: "LUNGA E POLEMICA IN ASSEMBLEA LA DISCUSSIONE SULLA FACOLTA' MEDICA - Alla fine in presidente Berzanti ha detto che questo acceso capitolo può ritenersi   definitivamente chiuso - Contrapposizioni negli stessi gruppi politici - Riconosciute al Friuli le sue esigenze e le legittime aspirazioni culturali".
Personalmente cercai di far pubblicare un critico commento a questa conclusione. Il mio amico Alvise De Jeso mi disse rattristato che il giornale considerava chiusa  la questione. Quel mio dattiloscritto ora riposa in una busta depositata presso l'Archivio di Stato di Udine insieme a qualche altra carta di cui dirò.
Il 2 dicembre gli studenti del Liceo classico e dell'Istituto d'arte scendono di nuovo, questa volta senza preavviso, in piazza. Dalle 8 alle 10 girano per la città e poi entrano nelle rispettive scuole. Il Provveditore agli studi, Giovanni Liuzzi, emette prontamente un comunicato: avverte le famiglie degli alunni delle scuole secondarie "che non saranno tollerate astensioni dalle lezioni per alcun motivo". Contro gli studenti che non aderiranno all'invito "saranno, da parte dei competenti organi scolastici, adottati severi provvedimenti disciplinari."
Comincia a delinearsi la mano forte del potere. Dove stanno i parlamentari, i consiglieri regionali, i partiti, le associazioni, le confraternite?
Il 4 dicembre a Udine accadono fatti che, almeno allora, hanno pochi precedenti dalle nostre parti e per questi motivi.
"Terza manifestazione di studenti per ottenere l' Università a Udine - Un giovane è caduto e ha riportato una contusione perché la polizia era intervenuta per evitare che fosse bloccato il traffico in piazza. Quattro sono stati interrogati e subito rilasciati" Così "Il Gazzettino". Il "Messaggero Veneto" titolò "Avevano inscenato, dopo le lezioni, una manifestazione - Parapiglia in piazza fra studenti e Polizia - Uno dei giovani ricoverato in ospedale".
Il potere tira fuori il manganello (anche se la Questura smentisce categoricamente, assicurando che "nessun ordine di caricare era stato dato").
Ma il "Messaggero Veneto" conta un ferito, G.M. di 18 anni, studente dello "Stellini" (trauma cranico ed ematoma nella regione occipitale, ricoverato in ospedale), qualche altro studente fattosi medicare da medici privati, così come alcuni agenti e il commissario di polizia che guidava il servizio rimasto con un' unghia della mano destra asportata.
Chi - come noi - fu in piazza quel giorno assistette ad una rabbiosa carica della polizia. Il potere intendeva mostrare che chi comandava stava con Trieste.
La rabbia serpeggiò tra gli studenti. Il potere dovette tenerne conto il 9, 10 e 11 dicembre. Gli studenti, infatti, in più di diecimila, tornarono per le strade di Udine. Non ci furono cariche da parte della polizia. Tuttavia il Provveditore, che ricevette una delegazione di studenti, ripeté il suo monito.
E chi oggi qui scrive, pur essendo un semplice cittadino che non aveva un figlio che partecipasse a quelle manifestazioni,  il 15 dicembre ritenne doveroso scrivergli, per sottolineare il diverso atteggiamento assunto dalle autorità competenti nei confronti della manifestazione "propiziata" del 12 novembre e quelli, assai diversi, assunti nelle successive manifestazioni.
Il Provveditore, dimostrando una straordinaria sensibilità, rispose quello stesso giorno: " Come Ella certamente sa, l'istruzione universitaria esula dalla mia competenza, che riguarda esclusivamente le scuole elementari e secondarie. Naturalmente ben diversa è la mia posizione di cittadino che vive e opera ad Udine e che, come tale, non può non sentire, nel mio caso, in senso favorevole il problema che attualmente agita la città. Come Provveditore agli Studi ho dovuto indubbiamente occuparmi del turbamento che i tre giorni di sciopero hanno arrecato al normale funzionamento della Scuola. Ma, a tal fine, nessun ordine, né avevo la competenza di farlo, è stato impartito ai Capi Istituto circa la punizione da infliggere per le astensioni dalle lezioni degli alunni. Come sicuramente sarà noto alla S.V., le punizioni disciplinari possono essere inflitte dal professore, dal Preside, dal Consiglio di classe o dal Collegio dei Professori. Al provveditore è devoluta la competenza a decidere sui ricorsi che dovessero essere presentati da parte degli interessati. Premesso quanto sopra, tengo a precisare alla S.V. che nessun danno reale sarà arrecato agli alunni, proprio in considerazione dei motivi che li hanno spinti alla manifestazione. La ossequio. Giovanni Liuzzi, Provveditore agli Studi."
In qualche scuola, invece, furono presi provvedimenti. Mi scontrai per lettera con il preside del "Marinelli" (anche queste carte si trovano ora presso l'Archivio di Stato di Udine). 

A questo punto affidiamoci alla cronologia degli avvenimenti successivi, così come compilata dalla Rossetti.
1966, 9 gennaio : nasce il Movimento Friuli.
          18 febbraio: il presidente della Regione, Berzanti, afferma che la Giunta si impegna a promuovere dall'anno 1966-
          1967 la facoltà di Magistero a Udine.
          22 marzo: il Senato accademico di Trieste nega Magistero a Udine.
          maggio: 1100 professori delle scuole medie della provincia di Udine mandano a Gui una petizione per la creazione
          di una università friulana.
          Nascono i giornali 'Friuli d'Oggi '(n.d.r. - organo del Movimento Friuli), 'Friuli Universitario' e 'Sveaisi Furlan(s)'
          Nasce il 'Comitato studentesco per l'Università Friulana' che organizza presso la Sala Aiace un pubblico dibattito
          con i politici.
1967, 2 gennaio: primo ordine del giorno dell'Associazione Maestri Cattolici di Udine per l'istituzione di una facoltà
          umanistica, in particolare Magistero.
          4 agosto: il ministro Gui si dichiara favorevole a istituire a Udine la facoltà, decentrata da Trieste, di Lingue e
          letterature straniere. Il Senato accademico di Trieste accetta.
          27 novembre: è istituito con decreto prefettizio n. 6237 il 'Comitato Universitario' formato da Comune, Provincia,
          Cassa di Risparmio, Camera di Commercio (n.d.r. - tutti enti e istituzioni udinesi). Nel 1973 si aggiungono la
          Provincia di Pordenone (n.d.r. - istituita nel 1968) e l'Ospedale di Udine.
          5 dicembre: il quotidiano 'Friuli Sera' (n.d.r. - fondato in maggio da Alvise De Jeso, giornalista che aveva da poco      
          lasciato il quotidiano 'Messaggero Veneto' per dar vita a un proprio giornale) pubblica la mozione del clero della
          Arcidiocesi di Udine, firmata da 529 sacerdoti, in favore, tra l'altro, del diritto dei friulani agli studi universitari.
1968, 29 febbraio: convenzione tra l'Università di Trieste e il Consorzio per il funzionamento a Udine della facoltà di
          Lingue e letterature straniere, convenzione poi istituita con decreto n. 1170.
          marzo: il Consorzio acquista palazzo Antonini.
          (n.d.r. - Si entra in clima elettorale; a maggio si terranno prima le elezioni politiche e poi quelle regionali)
          maggio: il ministro Gui a Udine garantisce l'apertura della facoltà di Lingue dal primo novembre.
          maggio: elezioni politiche (n.d.r. - e, subito dopo, elezioni regionali; il Movimento Friuli, che per la prima volta
          si presenta agli elettori, ottiene quasi 40.000 voti ed elegge 3 consiglieri regionali: uno in circoscrizione di Tolmezzo,
          Fausto Schiavi, e due in circoscrizione di Udine, Corrado Cecotto e Gino di Caporiacco.)
          1 agosto: primo sportello della segreteria studenti in palazzo Antonini: 520 iscritti."

La cronologia di Clara Rossetti - a questo punto - salta al 28 gennaio 1971.
Non vi è quindi traccia dell'azione che i 3 consiglieri regionali del Movimento Friuli condussero nel frattempo nella sede istituzionale.
Questi, già il 22 ottobre 1968 (nel libro di Gianfranco Ellero, "L' Università del popolo friulano" (pag. 45) si indica "settembre", ma il documento fu presentato il 22 ottobre), avevano depositato una mozione nella quale, con diverse argomentazioni, affrontavano il tema dell'istruzione universitaria nella regione. La mozione, però, anche se ripetuti furono i solleciti perché venisse discussa, verrà posta all'ordine del giorno dei lavori del Consiglio solo molto più tardi, come vedremo.
Il 16 aprile 1969 Il Consiglio discusse anche una mozione presentata dai 3 consiglieri del Movimento Friuli con la quale si intendeva garantire alla neonata facoltà di Lingue e letterature straniere aperta a Udine uno sviluppo su basi moderne e di avanguardia, proiettata verso il mondo slavo e germanico.
Nella discussione dei bilanci consuntivo per l'anno 1968 e preventivo per l'anno 1970, svoltasi tra l'11 e il 26 novembre 1969 (poi legge regionale n. 40/1969), essi presentarono un ordine del giorno (n.9) nel quale si leggeva:
"considerato che - tra gli impegni prioritari della Giunta - vi è l'impegno di garantire, il più possibile, il diritto allo studio;
constatato che Udine - da un anno sede di una Facoltà Universitaria - ha dato prova di essere particolarmente idonea per attrarre notevoli aliquote di studenti, molti dei quali avrebbero dovuto rinunciare alla prosecuzione degli studi a livello universitario, se non fosse stato loro consentito di accedere, sia pure ad una sola Facoltà, situata nella capitale del Friuli;
valutato positivamente tale fatto, anche come palese dimostrazione che ad una moltiplicazione dei centri universitari (per altro largamente attuata in altre regioni) corrisponde obiettivamente una spinta alla elevazione culturale e quindi un effettivo esercizio del diritto allo studio;
( il Consiglio regionale) impegna la Giunta
a potenziare, con le strutture e i mezzi necessari, la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere con sede in Udine (....)"
Questa parte dell'ordine del giorno venne posta in votazione per divisione e fu approvata.
Non così la parte che seguiva:
"impostando - nel contempo - la soluzione del problema di una pluralizzazione delle Facoltà, essendo evidente che il problema dell'istruzione universitaria in Friuli e quindi di un futuro sviluppo socio-economico della Regione è strettamente legato alla creazione di un nucleo universitario capace di rispondere alla pressante richiesta dei friulani, figli di contadini, di lavoratori e di emigranti, i quali intendono che il diritto allo studio non possa più estrinsecarsi in una vana enunciazione retorica ma al quale debba corrispondere un effettivo impegno, sganciato da ogni ipoteca accentratrice."
Il presidente della Giunta, Berzanti, giudicò questa parte del documento non di competenza della Regione. Posto ai voti fu respinto a grandissima maggioranza (lo votarono solo i proponenti).
E' evidente che - al di là di talune ambiguità di espressione ("nucleo universitario"..."sganciato da ogni ipoteca accentratrice"),
questo fu il primo segnale - in una sede istituzionale - che una parte dei friulani intendeva si costituisse una Università autonoma per il Friuli e non una o più facoltà decentrate da Trieste.
Ritualmente, l'anno seguente, si discussero i bilanci consuntivo 1969 e preventivo 1971,  tra il 18 e il 27 novembre 1970.
Fu allora presentato un altro ordine del giorno (n. 32) che, nella premessa, altro non era che la copia aggiornata (due anni al posto di uno) di quello del 1969.
Ma adesso si impegnava la Giunta "a potenziare, con le strutture e i mezzi necessari, l'Università friulana."
Uscendo dalle ambiguità lessicali, per la prima volta in un documento del Consiglio regionale si indicava l'obiettivo della Università del Friuli.
Il presidente della Giunta, certo non inconsapevolmente, perché chi ha conosciuto Alfredo Berzanti sa bene che era attentissimo a valutare il significato politico anche delle virgole, dichiarò di accogliere in toto l'ordine del giorno, specificando che la Giunta lo accoglieva ma "come raccomandazione, nel quadro, naturalmente, della riforma universitaria che speriamo venga avanti."
Fu quella la prima volta che sulla strada che si stava tracciando per giungere alla istituzione di una Università autonoma del Friuli si toglieva il masso pregiudiziale della unicità della sede triestina, affidandosi alla riforma universitaria della quale si auspicava il progredire.

Torniamo alla cronologia di Clara Rossetti
"1971, 28 gennaio: occupazione della facoltà di Lingue per ottenere un terzo professore di ruolo, la mensa, gli alloggi (n.d.r.-
           a parere di chi vide da vicino quella occupazione, con il pretesto di ottenere ciò che indica la Rossetti, elementi infiltrati
           tra gli studenti friulani tendevano a far credere che quella facoltà andava chiusa perché non riusciva a funzionare e che
           quindi l'esperimento di una facoltà universitaria a Udine era fallito.)
           2 febbraio: Antonio Comelli, assessore regionale all'agricoltura, dichiara imminente l'istituzione di una facoltà di
           Agraria a Udine. (n.d.r.- fu questa una risposta politica anche a quel tentativo attuato attraverso l'occupazione di
           pochi giorni prima: si intendeva andare avanti e non certo tornare indietro.)
           3 marzo: la Giunta regionale approva una mozione presentata da Gino Di Caporiacco per promuovere il  potenzia-
           mento dei corsi universitari a Udine."
La mozione era stata presentata il 22 ottobre 1968, come abbiamo scritto, firmata da Schiavi, da Cecotto e da chi scrive, praticamente subito dopo le elezioni regionali. Aveva a lungo dormito di un sonno produttivo, nel senso che il tempo aveva lavorato a favore della proposta fondamentale  che conteneva. Si trattava di un documento che si diffondeva a illustrare le ragioni della presenza di una Università a Udine, indicando "come attuale piano di massima capace di avviare a soluzione questi problemi, i seguenti corsi universitari a Udine : biennio di ingegneria, biennio di statistica, sezione staccata della facoltà di magistero, biennio della facoltà di medicina o, in via subordinata, almeno il suo secondo triennio ossia quello specialistico."
Come è facile notare, i proponenti riprendevano in gran parte quelle indicazioni contenute nel voto del senato accademico triestino dell'ottobre 1965 poi rimaste lettera morta, aggiungendovi solo quelle riguardanti medicina.
Toccò a chi scrive impegnarsi quel 3 marzo 1971 per illustrare e sostenere la parte conclusiva della mozione che suonava così:
"Il Consiglio regionale, essendo a conoscenza:
1) della grave condizione di sottosviluppo in cui si trova il Friuli nel campo della produzione e dell'impiego di laureati;
2) delle gravi conseguenze negative che da ciò derivano, sia per l'effettiva possibilità di un rilancio economico friulano che per una efficace lotta alla emigrazione,
riconosce
1) che la facoltà di lingue, primo importantissimo passo nella giusta direzione, è insufficiente alla soluzione del problema;
2) che quindi è necessario potenziare i corsi universitari a Udine, con fini promozionali e antiemigratori.
Impegna pertanto la Giunta a promuovere urgentemente, per tutto quanto in suo potere, il potenziamento dei corsi universitari nella città di Udine.
di Caporiacco - Cecotto - Schiavi"
A favore di questa mozione votarono i consiglieri della Dc (si astennero il goriziano Cocianni e il triestino Ramani), quelli del Psdi, del Msi e del Pli.
Non ci fu nessun voto contrario, fatto questo assai significativo. I consiglieri del  Pci, del Psiup e del Psi, tre partiti che avevano sempre espresso posizioni fortemente critiche (specialmente i primi due), sostenendo fino a quel momento la unicità della sede universitaria a Trieste, si astennero.
Il settimanale del Movimento Friuli, partito al quale appartenevano i tre consiglieri proponenti, titolò "La maggioranza friulana per l' Università di Udine", dando nel contempo notizia che il 4 marzo (cioè il giorno seguente) i professori Giuseppe Marinig, Alessandro Pighin, Gianfranco Ellero, Licio Magrini, Anna Maria Zecchin, Grazia Costa Tonelli e Mara Marin, docenti dell'Istituto professionale di Pordenone, sede coordinata di Spilimbergo avevano firmato una petizione nella quale  si riferivano plaudenti  "all'impegno recentemente assunto dal Consiglio regionale per la creazione dell'Università di Udine (...)."
Così, riferendosi plaudente pure lui a quell'impegno, il professor Tarcisio Petracco scendeva in campo per l'Università friulana il 18 marzo 1971, nella sala professori del liceo classico "Stellini" di Udine.
Appaiono quindi bisognevoli di risposta le domande che egli pose e che si leggono a pag. 134 del suo postumo libro (che abbiamo citato), domande chiaramente riferite al nostro impegno personale: "Dal 1967 e fino a questo 'ieri' del 16 (sic) marzo 1971 che cosa avevano fatto essi più che presentare un paio di o.d.g. al Consiglio regionale? Che cosa avevano ottenuto?"
Abbiamo dimostrato che, senza ombra di dubbio, chi scrive si è occupato del problema dell'università del Friuli dal 1965 (e non solo dal 1967); abbiamo anche dimostrato che almeno uno dei documenti anche da noi sottoscritti in Consiglio regionale (dove entrammo nel 1968) era servito a far sì che il professor Tarcisio Petracco scendesse finalmente anche lui in campo, plaudente per quello che avevamo fatto, il 18 marzo 1971. Ma - fatto sicuramente più rilevante - eravamo riusciti a convincere quasi tutti i partiti che a Udine, bisognava solo dar tempo al tempo, sarebbe un giorno nata l'Università dei friulani.

Continueremo ad illustrare fatti e a presentare documenti per chi avrà la pazienza di leggerci ancora.

31 anni fa: le premesse per la tutela e valorizzazione 
della lingua e della cultura friulana (anche attraverso la Rai).

Torniamo al 1969 e occupiamoci di un altro argomento.
Due erano i temi peculiari che allora i tre consiglieri regionali del Movimento Friuli portavano avanti: quello dell'Università friulana, come abbiamo visto, e quello delle tutela e valorizzazione della lingua e della cultura friulana.
In quest'ottica avevamo presentato il 22 settembre 1969 la proposta di legge n.82 (che non fu mai discussa, perché le proposte dell'opposizione spesso rimangono nei cassetti!), che aveva il titolo "Istituzione di una Commissione regionale di studio in materia di toponomastica", proposta di legge che aveva lo scopo di affrontare un argomento che sarà oggetto (31 anni dopo) di attenzione e soluzione nella legge nazionale 482. 
Il problema dell'università  trovò soluzione legislativa in sede parlamentare nel 1977 e in quella legge furono posti anche i germi per la soluzione anche del secondo, questo - come detto -  solo alla fine del 1999.
Nel novembre 1969, in occasione della discussione dei bilanci, così come avvenne per il tema dell'Università, fu presentato anche un ordine del giorno (n. 11) che affrontava  invece questo tema. "Considerato che -alla luce delle più recenti esperienze pedagogiche - l'uso, da parte dei fanciulli, della lingua madre dà loro la possibilità di esprimersi con maggiore facilità e costituisce un motivo di arricchimento della loro sensibilità e della loro cultura; preso atto con rammarico che vi è la tendenza, in vaste zone del Friuli, ad abbandonare e quasi a bandire l'uso della lingua friulana negli asili e nelle scuole elementari, specie da parte di insegnanti che provengono da altre regioni, impegna la Giunta affinché faccia ogni passo necessario presso il Ministero della Pubblica Istruzione allo scopo di ottenere assicurazione che ai fanciulli sarà garantita la libertà di esprimersi in friulano, abbinando opportunamente l'insegnamento della lingua italiana all'uso della lingua madre.
In particolare, poiché in quasi tutti i libri di testo adottati nelle scuole elementari contengono grossolani errori storici, geografici e persino linguistici sul Friuli, dà mandato alla Giunta di studiare l'opportunità di incoraggiare l'adozione di libri di testo (anche sussidiari a quelli in uso), libri di testo nei quali i nostri ragazzi possano cominciare a conoscere la storia della loro terra, i costumi della nostra gente, i tesori della nostra lingua.
Cecotto - di Caporiacco - Schiavi."
Questo documento consiliare ebbe la sfortuna  di essere discusso in un clima particolare, conseguente ad un duro scontro
avvenuto durante l'illustrazione dell' ordine del giorno n.10 (che seguiva il 9, quello sull' Università, in parte approvato,come si è visto), ordine del giorno che riguardava la pressione tributaria sul Friuli. Si scatenò su quell'argomento un acceso scambio di battute tra consiglieri triestini e i tre proponenti friulani; Schiavi fu richiamato all'ordine dal presidente; messo ai voti l'ordine del giorno 10 fu respinto (votarono a favore solo i proponenti).
Il clima surriscaldato non giovò certo all'ordine del giorno n. 11, tuttavia il presidente della Giunta Berzanti dichiarò"La Giunta non ritiene di avere competenza per quanto riguarda la prima parte del dispositivo e perciò accetta solo la seconda parte."
Era indubbiamente un successo, ma a Schiavi sfuggì la frase "Dovreste vergognarvi!" cui seguirono "proteste e clamori", la proposta - tosto approvata - di espellere Schiavi dall'assemblea e la sospensione della seduta.
L'ordine del giorno, con la seconda parte accolta dalla Giunta, avrebbe potuto essere posto in votazione ma, come si capisce, alla ripresa della seduta  i proponenti erano fuori dall'aula per solidarietà con Schiavi. 
L'ordine del giorno fu quindi considerato decaduto per l'assenza dei firmatari. Scrissi sul foglio sul quale era quel testo, foglio che ancora conservo, "Caduto nella mischia".
A tanti anni di distanza, con riferimento a polemiche recenti, non si può fare a meno d'osservare che s'introduceva la discussione su due ancora attualissimi argomenti: "insegnanti che provengono da altre regioni", "grossolani errori storici, geografici e persino linguistici" contenuti nei libri scolastici.
Un anno dopo,  in novembre 1970, si discussero i bilanci consuntivo per l'anno 1969 e preventivo per il 1971.
I tre consiglieri del Movimento Friuli insistettero e presentarono questo ordine del giorno (n. 38):
"considerato che - alla luce delle più recenti esperienze pedagogiche - l'uso, da parte dei fanciulli, della lingua madre dà loro la possibilità di esprimersi con maggiore facilità e costituisce un motivo di arricchimento della loro sensibilità e della loro cultura; preso atto con vivo rammarico che vi è una tendenza, in vaste zone del Friuli, ad abbandonare e in certi casi a bandire l'uso della lingua friulana negli asili, nelle scuole elementari e medie, specie da parte di insegnanti che provengono da altre regioni; impegna la Giunta affinché compia ogni passo necessario presso il Ministero della Pubblica Istruzione allo scopo di ottenere ampia assicurazione che ai fanciulli sarà in ogni caso garantita la libertà di esprimersi in friulano, abbinando opportunamente l' l' insegnamento della lingua italiana all'uso di quella parlata.
Schiavi - di Caporiacco - Cecotto."
I tre proponenti avevano imparato qualche astuzia consiliare. Erano anche riusciti a ampliare il raggio dei consensi. Stavano capendo che "per vincere bisognava convincere". Per questo avevano presentato un ordine del giorno che ricopiava solo la prima parte di quello presentato un anno prima, insistendo con quella parte che  il presidente della Giunta Berzanti aveva dichiarato di  non accettare.
Quel giorno (27 novembre 1970) erano decisi ad andare fino in fondo: avrebbero chiesto la votazione. Avevano sufficienti elementi per sperare di poter prevalere coi voti.
Ed ecco, dagli "Atti consiliari", quel che avvenne.
"Presidente. La parola alla Giunta sull'ordine del giorno n. 38, presentato dai consiglieri Schiavi, di Caporiacco, Cecotto.
Berzanti, Presidente della Giunta. Non riteniamo possibile l'accoglimento dell'ordine del giorno così come formulato, pur essendo favorevoli a studiare iniziative che possano sviluppare nei fanciulli la conoscenza del friulano.
Presidente. La parola a uno dei presentatori.
di Caporiacco. Chiedo la votazione, signor Presidente.
Presidente. Pongo ai voti l'ordine del giorno n. 38.
(E' approvato)
(Trambusto in Aula)
Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.
Berzanti, Presidente della Giunta. L'impegno non poteva essere accettato dalla Giunta, posto in questi termini: 'affinché compia ogni passo necessario presso il Ministero della pubblica istruzione allo scopo di ottenere ampia assicurazione che ai fanciulli sarà in ogni caso garantita la libertà di esprimersi in friulano.' Quindi, non è che si chiedesse non so, di istituire un corso di lingua friulana, ma che il fanciullo, parlando con l'insegnante, anziché esprimersi in italiano, parli in friulano. Allora la lingua italiana dove va a finire! Signori miei questo sta scritto nell'ordine del giorno. Se si vuole altro, allora bisogna scriverlo diversamente."
(Trambusto in Aula)
Presidente. Io non posso ripetere la votazione di quest'ordine del giorno, è stato votato e basta. Collega Cocianni, La prego!"
Berzanti, Presidente della Giunta. Ma volete che il fanciullo, interrogato in geografia, in storia eccetera, risponda al maestro in friulano?
Presidente. La prego, Presidente della Giunta, mi lasci chiarire! Colleghi del Consiglio. Vi prego di stare attenti agli ordini del giorno che votate. L'ordine del giorno n. 38 è stato ormai approvato ed ora non posso assolutamente ammettere ripensamenti."
E' del tutto evidente che per i ripetuti "trambusti in Aula", i richiami di Berzanti ai suoi consiglieri di maggiorana (e non solo a quelli!), il tentativo di far ripetere la votazione per serrare i ranghi, era accaduto qualcosa di straordinario: quei tre consiglieri  che di solito vedevano i loro documenti sommersi dai voti contrari erano riusciti a capovolgere la situazione. Con il concorso di un voto trasversale, che era passato tra i consiglieri friulani della maggioranza e della opposizione, il loro ordine del giorno era stato approvato. Quel lontano 27 novembre 1970 è un giorno da ricordare: cominciò allora a costituirsi quella maggioranza che - servirono 29 anni! - farà approvare dal Parlamento italiano la legge "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche". E di questo lungo cammino ci occuperemo più avanti.
Sinceramente a chi scrive dispiace di non poter riferire i nomi dei consiglieri che votarono quell'ordine del giorno. La tensione del momento, il numero notevole di mani alzate, l'infelice aula (era utilizzata quella del Consiglio comunale di Trieste) non gli consentirono di farlo. Ricorda, tuttavia, che furono consiglieri friulani di ogni gruppo, meno che del Msi-Dn.
Occupiamoci ora di un argomento connesso che riguarda un problema ancora insoluto e quindi di attualità.
Seguiva all'ordine del giorno n. 38 il n. 39, sempre a firma dei tre.
"Considerato che tra i moderni mezzi di informazione e di diffusione della cultura le trasmissioni radiofoniche e televisive hanno importanza primaria; constatato che i servizi finora dedicati in particolare al Friuli dalla RAI-TV Radio Televisione Italiana sono insufficienti nel settore radiofonico e inesistenti in quello televisivo; rilevato che, attraverso la diffusione di notizie inesatte, si tende ad accreditare talune tesi che visibilmente contrastano con la realtà regionale, impegna la Giunta ad intervenire presso la Direzione Centrale della RAI-TV nonché presso la sua sede di Trieste per ottenere: a) un potenziamento dei programmi radiofonici dedicati al Friuli; b) l'istituzione - almeno in fase sperimentale - di programmi televisivi dedicati alla regione; c) una scrupolosa correzione di tutte quelle inesattezze che tendono a falsare la realtà regionale, specie per quanto riguarda il Friuli inteso della sua interezza geografica e storica.
Schiavi - di Caporiacco - Cecotto."
Ecco il resoconto negli "Atti consiliari" (pag. 7916).
"Presidente. La parola alla Giunta sull'ordine del giorno n. 39, presentato dai consiglieri Schiavi, Cecotto, di Caporiacco.
Berzanti, Presidente della Giunta. La Giunta lo accoglie come raccomandazione.
(Battibecchi fra i Consiglieri)
Presidente. Collega Mizzau, basta, altrimenti interrompo la seduta e rimando l'approvazione del bilancio a domani!
Ha chiesto di parlare il consigliere Gefter Wondrich. Ne ha facoltà.
Gefter Wondrich. E' inammissibile la lettera c): propone una specie di censura che non è accettabile. Io chiedo che il signor Presidente della Giunta si esprima su questo punto.
Presidente. La parola al Presidente della Giunta.
Berzanti, Presidente della Giunta. 'Impegna la Giunta ad intervenire presso la Direzione della RAI-TV nonché presso la sua sede di Trieste per ottenere: a) un potenziamento dei programmi radiofonici dedicati al Friuli; b) l'istituzione - almeno in fase sperimentale - di programmi televisivi dedicati alla regione; c) una scrupolosa correzione di tutte quelle inesattezze che tendono a falsare la realtà regionale, specie per quanto riguarda il Friuli inteso nella sua interezza geografica e storica'.
Su questo terzo punto io, francamente, non vedo quale possa essere l'intervento della Regione, non certo quello di censura, come dice il consigliere Gefter Wondrich; potrà essere semplicemente quello di richiamare l'attenzione della RAI-TV su eventuali inesattezze. Tutto questo è quello che si può fare. Comunque non diano alla questione un peso superiore a quello che ha."
Il Presidente diede la parola ad uno dei presentatori, che fu chi oggi scrive. Non era certo prudente chiedere la votazione,
considerato che gli schieramenti si sarebbero ricomposti, dopo la contrastata "libera uscita" del voto precedente.
Dissi, dunque: "Prendo atto delle prima dichiarazione del Presidente Berzanti", cioè che Berzanti aveva accolto - senza riserve - il testo dell'ordine del giorno.
L'anno seguente (novembre 1971), Schiavi ed io tornammo sull'argomento presentando - sempre in occasione della discussione dei bilanci - un ordine del giorno (n. 29) nel quale "riferendosi all'ordine del giorno accolto come raccomandazione dalla Giunta discutendosi i bilanci di previsione 1971 e consuntivo 1969, con il quale si sollecitavano interventi presso la RAI-TV Radio Televisione Italiana affinché venissero potenziate le trasmissioni radiofoniche dedicate al Friuli; ribadita l'importanza che dette trasmissioni hanno e la necessità che la RAI-TV provveda ad una sollecita regionalizzazione dei programmi, assicurando alle componenti politiche e sindacali locali di potersi avvalere di questo insostituibile canale di pubblica informazione; impegna la Giunta ad intervenire con decisione presso la Direzione Centrale della RAI-TV nonché presso la sua sede di Trieste affinché sia messo in onda al più presto, in ora opportuna, un notiziario in lingua friulana. Se, infatti, tale lingua trova diritto di cittadinanza alla radio per quanto attiene trasmissioni culturali e musicali, non si capisce perché non dovrebbe essere considerata idonea e necessaria per la trasmissione di un notiziario diretto alla popolazione friulana.
Schiavi - di Caporiacco."
Ecco, sempre dagli "Atti consiliari", come andò.
"Presidente. La parola alla Giunta sull'ordine del giorno n. 29, presentato dai consiglieri Schiavi e di Caporiacco.
Berzanti, Presidente della Giunta. Mi sembra che a questo proposito valga il discorso fatto dal relatore Mizzau nella sua replica; la Giunta, quindi, accoglie la parte dell'ordine del giorno....
Baracetti. Il 'Gazzettino del Friuli-Venezia Giulia' trasmette già dei programmi in friulano.
Berzanti. Presidente della Giunta. Esatto. La Giunta, dunque, è favorevole a che si potenzino le trasmissioni culturali, musicali, eccetera, anche in lingua friulana. Perplessità, invece, sussistono sul primo impegno chiesto alla Giunta, quello cioé di mettere
in onda un notiziario in lingua friulana: su questo esprimo la contrarietà della Giunta.
Presidente. La parola ad uno dei presentatori.
di Caporiacco. Chiediamo la votazione."
Il resoconto, letto così, lascia intendere che l'interruzione di Arnaldo Baracetti alla dichiarazione di Berzanti fosse di assenso a quanto il presidente della Giunta stava dicendo.In effetti, Berzanti - che era un politico astutissimo - coglie l'interruzione come una conferma al suo dire.
Invece - e questa interpretazione trova sostegno in quanto Baracetti dirà subito dopo per spiegare il mancato voto del gruppo del Pci  - era da intendersi come affermazione che, in qualche (raro) caso, la lingua friulana era usata anche all'interno dei notiziari e quindi poteva ottenere spazio maggiore.
L'ordine del giorno venne posto in votazione. Baracetti stava "lavorando" il suo gruppo perché il voto fosse favorevole,
almeno da parte di alcuni consiglieri, ma il complessivo voto contrario dell'assemblea venne proclamato con grande rapidità.
E Baracetti (ecco la prova evidente di quello che abbiamo scritto) se ne lamentò.
"Baracetti. Signor Presidente. Lei procede alle votazioni con eccessiva rapidità: per questo abbiamo rinunciato a votare.
Presidente. Consigliere Baracetti, il Suo appunto non ha ragione di sussistere: mi consenta, infatti, di ricordarLe che ho invitato tutti i Consiglieri a prendere visione per tempo degli ordini del giorno.
Baracetti. Comunque poteva aspettare 20 secondi prima di dar luogo alla votazione!"
Che cosa stava accadendo? Stava accadendo che i dirigenti del Pci della federazione di Udine, sotto la spinta principalmente dell'on. Mario Lizzero (che poteva contare sul suo indiscusso prestigio personale di vecchio militante, di comandante partigiano, di uomo che in seno al partito aveva avuto e aveva cariche importanti, di parlamentare che aveva a Roma importanti collegamenti), ma anche di uomini emergenti come Baracetti, stavano finalmente dando ascolto alla loro base popolare friulana e quindi si stavano "spostando" su posizioni più consapevoli delle esigenze dei loro elettori. Stava quindi nascendo in seno al Pci quell'ala "friulanista" che otterrà importanti risultati
Questo "spostamento" (certo non facile, non celere, non sofferto)  si era allora evidenziato in Consiglio regionale in tre votazioni che costituivano altrettante chiare prese di posizione responsabile: sul problema dell'Università a Udine; su quello della difesa e salvaguardia della cultura e della lingua friulana nella scuola; su questo delle trasmissioni della RAI.
Anche nell'ingente gruppo della Dc (29 consiglieri su 61!) si stava aprendo qualche crepa, ma si trattava di "casi personali".
Il partito, nel suo complesso, era ancora fermo. Lo vedremo poco più avanti, quando riprenderemo il discorso sulla seconda Università.
Intanto, eccoci di nuovo a insistere, in quel novembre 1971, sul tema del friulano lingua e cultura nelle scuole.
Ordine del giorno n. 33: "tenuto conto che il Consiglio - discutendosi i bilanci 1969 consuntivo e 1971 di previsione - approvò a maggioranza un ordine del giorno con il quale si impegnava la Giunta a compiere ogni passo necessario presso
il Ministero della Pubblica Istruzione allo scopo di ottenere ampia assicurazione che agli studenti sarebbe stata garantita in ogni caso la libertà di esprimersi in friulano, abbinando opportunamente l'insegnamento della lingua italiana all'uso di quella parlata; constatato che, se pur qualche segno positivo si è notato (come, ad esempio, l'insegnamento della lingua friulana tra le materie integrative delle scuole a tempo pieno, realizzatosi in provincia di Pordenone), il problema, nella sua globalità, non è stato ancora affrontato; impegna nuovamente la Giunta affinché intervenga con sollecitudine e decisione presso il Ministero e le altre autorità scolastiche competenti affinché 1) sia garantito che i docenti non influenzino, anche con minacce, gli scolari e gli studenti che parlano friulano nell'ambiente della scuola, inducendoli a ritenere questa lingua come infelice espressione di una loro supposta inferiorità, il cui uso precluderebbe quello corretto della lingua italiana, e quindi creando nei giovani una psicosi umiliante che si ripercuote anche all'esterno dell'ambiente scolastico; 2) siano incoraggiati e sostenuti quegli esperimenti didattici secondo i quali agli studenti viene, in particolari casi, concessa la libertà di esprimersi anche durante le lezioni in friulano, esperimenti validissimi specie se attuati nella scuola elementare; 3) siano impartite precise disposizioni ai docenti affinché essi si rendano conto di operare in un ambiente linguistico ben caratterizzato, giustamente geloso di un patrimonio prezioso che costituisce -anche alla luce delle più avanzate sperimentazioni didattiche - motivo di arricchimento culturale.
Schiavi - di Caporiacco."
Il Presidente della Giunta Berzanti, forse anche in considerazione che il clima si stava surriscaldando (e vedremo perché) dichiarò di accogliere l'ordine del giorno come raccomandazione.

 Sull' Università friulana un passo indietro...
Eravamo a pochi mesi da quando, plaudenti per l'impegno assunto dal Consiglio regionale in marzo, anche il prof. Tarcisio Petracco era sceso in campo, convinto - come scrisse - che in un anno tutto sarebbe stato risolto e l'Università friulana sarebbe nata
Noi eravamo molto più scettici e prudenti e per questo avevamo presentato sempre nel corso di quella discussione dei bilanci questo ordine del giorno (n. 31): "Considerato che - tra gli impegni prioritari della Giunta - vi è l'impegno a garantire il diritto allo studio; tenuto conto delle dichiarazioni della Giunta stessa, dichiarazioni secondo le quali le istituzioni universitarie nella città di Udine rappresentano un fatto irreversibile; in presenza della discussione alla Camera della legge di riforma universitaria, legge che - secondo l'art. 3 già approvato - stabilisce la unicità della sede per ciascuna università; esprime e dà mandato alla Giunta di esprimere con forza, nelle sedi più opportune, la ferma volontà del Consiglio affinché la legge di riforma garantisca che Udine possa diventare la sede dell'Università friulana; ciò per corrispondere alla reale esigenza, manifestatasi a livello genuinamente popolare, di una seconda Università regionale, da realizzarsi legata strettamente a prospettive reali di sviluppo economico, sociale e culturale delle nostre genti, in una visione di progresso e di espansione di tutto il processo di scolarizzazione.
Schiavi - di Caporiacco."
Il consigliere regionale Vittorio Boschi, del Msi-Dn, udinese, aveva presentato un ordine del giorno sull'argomento, ordine del giorno che era stato votato e approvato. Berzanti - cercando di evitare l'ostacolo di quello nostro - esordì dicendo:
"Berzanti, Presidente della Giunta. Mi pare che questo ordine del giorno sia analogo a quello....
di Caporiacco. E' diverso, signor Presidente, perché permette al Consiglio e alla Giunta di fare qualcosa subito.
Berzanti, Presidente della Giunta. Su questo argomento si è già votato; comunque la posizione della Giunta è uguale a quella già assunta sull'ordine del giorno n. 14.
Presidente. La parola a uno dei presentatori.
di Caporiacco. Signor Presidente, chiediamo la votazione del nostro documento perché lo riteniamo sostanzialmente diverso da quello, già approvato, del collega Boschi. Infatti, se la Giunta conferma il suo intendimento di considerare irreversibile l'esistenza di istituzioni universitarie a Udine ed in presenza di un articolo 3 della legge di riforme, già approvato, in cui si stabilisce che la sede universitaria deve essere unica, noi pensiamo che con questo ordine del giorno...
Berzanti, Presidente della Giunta. C'è anche l'articolo 64.
di Caporiacco. Esatto, e noi chiediamo appunto che il Consiglio e la Giunta si impegnino a far sì che l'articolo 64 ci dia la garanzia della creazione di una seconda università.
Ecco il punto in cui il nostro ordine del giorno è diverso da quello del consigliere Boschi: con questo si può intervenire subito nella discussione che è in corso alla Camera esprimendo una nostra volontà.
Berzanti, Presidente della Giunta. Una cosa è intervenire per chiedere che si sia una seconda università, un'altra è intervenire per ottenere la salvaguardia di quanto il Consiglio ha finora sostenuto, e cioè che Udine continui a restare sede di studi universitari. Questo impegno la Giunta lo ha preso e lo porta avanti anche nei confronti del Governo nazionale e del Parlamento.
In questo momento, quindi, non crede di poter far altro. Tuttavia, si riserva di rivedere tutto il problema quando si trovasse di fronte ad una legge che spostasse i termini del problema stesso e quindi richiedesse un atteggiamento diverso.
Presidente. I presentatori insistono per la votazione?"
Come vi sareste comportati voi, cari lettori? Di fronte ad un atteggiamento così ondeggiante c'era in noi  una consapevole certezza: la Giunta (e la maggioranza politico-territoriale che le stava dietro)  non era ancora pronta per sostenere senza giri di parola l'istituzione di una seconda Università: quella friulana.
Chiedemmo la votazione, fummo sconfitti e lasciammo negli atti del Consiglio questo commento:"Cercate di guardarvi allo specchio alla mattina!" per poi aggiungere, sul successivo ordine del giorno che riguardava la pressione fiscale, "Siete vergognosi servi dei padroni! Anche a costo di essere espulso dall'Aula, affermo che i democristiani sono dei servi!"
Mi rimbeccò il capogruppo Dc, Del Gobbo: "Noi non siamo servi di nessuno!" e il battibecco finì lì.

...e poi uno avanti...

Tra dicembre 1971 e gennaio 1972
si discusse due volte quella che sarebbe divenuta la legge regionale n. 5 del 1972.
Ormai in Consiglio regionale ero solo. Cecotto partecipava assai poco alle sedute; Schiavi stava vivendo i suoi ultimi giorni.
Da luglio era gravemente malato e non aveva potuto partecipare ai lavori consiliari, tuttavia i nostri documenti erano anche firmati con il suo nome (mi aveva naturalmente delegato a farlo).
Presentai un ennesimo ordine del giorno (n.1): "esaminando il disegno di legge n. 268 che - tra l'altro - prevede contributi per le attrezzature universitarie; tenuto conto della reale esigenza, manifestatasi a livello genuinamente popolare, di una seconda Università regionale, da realizzarsi legata strettamente a prospettive reali di sviluppo economico, sociale e culturale delle nostre genti, in una visione di progresso e di espansione di tutto il processo di scolarizzazione e nel quadro di una reale riforma universitaria, (il Consiglio regionale) fa voti affinché si delineino con chiarezza di modi e di tempi gli strumenti atti a concretizzare questa seconda Università regionale, senza preclusioni campanilistiche o spinte egualmente campanilistiche, ma con la convinzione ferma di ricercare una migliore e più giusta strutturazione universitaria a livello regionale, abbattendo steccati municipalisti e baronie accademiche.
di Caporiacco."
A dimostrazione di una politica già altalenante, questo ordine del giorno fu accolto dalla Giunta come raccomandazione. .     
Di tutto questo nostro impegno durante il 1971 e all'inizio del 1972  nel libro postumo di Petracco non c'è traccia. Egli si ricorda di me (ma avrebbe dovuto ricordarsi di tutti i componenti allora quel gruppo consiliare, e cioè anche di Gianfranco Ellero, Raffaele Carrozzo e Francesco Schiavi) per scrivere (pagg.14,15) "Il Consigliere regionale Gino di Caporiacco, capogruppo del Movimento Friuli al Consiglio comunale di Udine presentava (in luglio - n.d.a.) un documento invitante il Comune  'a impegnarsi per ottenere a Udine, per tutto il Friuli, una sede completa e autonoma'."  Ubi minor..sarebbe proprio il caso di commentare!

...e nasce il comitato...

Il 10 febbraio 1972 si fonda il "Comitato per l'Università friulana" e viene eletto presidente il prof. Tarcisio Petracco.
Pochi giorni prima, il 23 gennaio, era morto Fausto Schiavi, l'uomo che mi aveva indotto a presentarmi candidato alle elezioni regionali, che mi aveva "regalato" il seggio optando per la circoscrizione di Tolmezzo (era stato eletto sia un quella di Udine che in quella della Carnia). L' uomo con il quale avevo instaurato un rapporto saldo e franco, che - seppure gravemente malo dall'estate del 1971 - era stato sempre idealmente al mio fianco.
Il Movimento Friuli, subito dopo, era già una barca in balia delle onde, priva di quella salda guida che Schiavi, anche se malato, aveva garantito. Aderii, dunque, al "Comitato" a titolo personale. Del resto, già sapevo che la mia "carriera" di consigliere regionale sarebbe durata ancora poco.
Così, il 25 marzo fui con Petracco, in piazza XX settembre, a schivare le uova di un gruppo di estremisti di sinistra, alcuni poi ravvedutisi e oggi autonomisti convinti. Nel suo libro, Petracco non ha potuto fare a meno (pag. 37) di notarmi tra i pochi presenti (secondo la mia memoria, c'è persino qualche nome di troppo!).
Tra il 12 e il 13 giugno, in particolare Gianfranco Ellero e chi scrive sostenemmo in Consiglio comunale di Udine una estenuante "battaglia" durata 9 ore (quando la seduta si chiuse era trascorsa una sera, una notte e il sole era già alto) sul tema dell'università friulana.
Il sindaco Cadetto si era dimesso per protesta, avendo visto disattese le promesse di un potenziamento della sede udinese; nella mattinata del giorno 13, in Consiglio regionale, il presidente della Giunta, Berzanti, avrebbe dovuto pronunciarsi sull'argomento. Era in atto - tra l'altro - uno scontro tutto interno alla Dc, partito sia di Cadetto che di Berzanti.
Ellero ed io sostenemmo che le dimissioni di Cadetto andavano accolte, proprio per mettere - il mattino seguente - Berzanti con le spalle al muro. Ma nonostante il nostro impegno oratorio (giocavamo a stancare i nostri colleghi consiglieri perché, assottigliandosi il numero dei presenti, che però non doveva scendere sotto quello legale, c'erano più probabilità che il voto sanzionasse l'accoglimento delle dimissioni del sindaco), per pochi voti le dimissioni furono respinte.
Conclusa la seduta-fiume del Consiglio comunale, mi misi in automobile e raggiunsi Trieste in tempo per l'inizio della seduta del Consiglio regionale, che iniziò alle 9,30.
Quel giorno, mia moglie Milvia - che pure era una donna dotata di grande ottimismo - poiché non ebbi il tempo materiale per farmi vivo con lei, temette che mi fosse capitato qualcosa e solo dalla radio apprese, dopo mezzogiorno, che avevo preso la parola anche a Trieste e che quindi ero vivo.

... e ancora passi indietro....

A Trieste il discorso di Berzanti fu una sorta di doccia scozzese. Prima di lui l'assessore all'istruzione Bruno Giust aveva affermato che l'amministrazione regionale aveva sempre riconosciuto la funzione "regionale" dell'università di Trieste "la quale, proprio per tale funzione, ha utilmente iniziato e dovrà consolidare e sviluppare ulteriormente anche le articolazioni decentrate nella città di Udine." Berzanti corresse in parte il tiro. Noi utilizzammo successivamente - come si vedrà - più volte quelle sue parole per puntellare nostri successivi documenti.
Inoltre si registrò un mutamento importante. I consiglieri regionali del Pci Cuffaro, Baracetti e Bosari (il primo triestino, il secondo del Friuli centrale, il terzo del Friuli occidentale) avevano presentato una interrogazione (n.258, "Atti consiliari", pag. 12999)  nella quale, dopo critiche alla Giunta,  proponevano  un dibattito in Consiglio "sul tema della necessità di un piano per il potenziamento dell'Ateneo triestino e per porre su basi concrete e serie, in legame con lo sviluppo economico della regione, quello dell'istituzione a Udine di una seconda Università." Questa interrogazione - compresa nel dibattito di quel 13 giugno - dimostrava che il Pci aveva allora deciso di sposare la causa di due università nella regione. 
Subito dopo uscii dal Movimento Friuli. Mi dimisi da consigliere regionale il 22 giugno. Il settimanale del Movimento Friuli  annunciò quelle dimissioni  il 10 luglio (n. 22), auspicando: "Ci auguriamo che il Consiglio regionale respinga le dimissioni e che Gino rimanga al suo posto almeno fino alla scadenza del suo mandato, nel gruppo del MF o nella posizione che egli liberamente deciderà di assumere."
Le mie non erano dimissioni "pro forma" e furono respinte non con il consueto voto unanime. I consiglieri  del Pci e del Psiup si astennero ("Atti consiliari", pag. 13439). Sul quotidiano del Pci apparve subito dopo un perfido articoletto che preannunciava il mio passaggio nelle file della Dc. E invece restai quello che ero e fin che rimasi consigliere regionale mi comportai come mi ero comportato precedentemente, cercando di dare un seguito logico e produttivo a quelle battaglie.
Il 13 luglio, da indipendente, presentai un ordine del giorno nel corso del dibattito su una legge che si proponeva di sostenere  lo sviluppo dell'istruzione universitaria, la ricerca scientifica e corsi speciali.
"(...) tenuto conto nei precedenti dibattiti sull'argomento delle istituzioni universitarie nella regione, dei voti espressi dal Consiglio in più occasioni e, per ultimo, dalle dichiarazioni espresse dal Presidente della Giunta regionale onorevole Berzanti il 13 giugno 1972 (ecco una prima "strumentalizzazione" di quel barcamenarsi del presidente della Giunta! - n.d.a.), impegna la Giunta: a) a perseguire, per quanto di sua competenza, l'obiettivo di giungere all'istituzione, quanto prima possibile, di una seconda università nella regione, con sede in Udine; b) a individuare ed indicare concretamente nei propri documenti programmatici (secondo piano di sviluppo socio-economico; piano urbanistico) tale obiettivo; c) a svolgere presso il Governo e il Parlamento tutte quelle azioni che ne garantiscano il raggiungimento, attraverso le decisioni legislative e gli interventi finanziari di competenza statale; d) a preordinare e a considerare l'articolazione dell'università di Trieste o eventuali articolazioni di altre università venete a Udine (questo riferimento è importante e va collegato con l'azione che stava svolgendo il comitato del prof. Petracco; il lettore ne tenga conto perché lo riprenderemo più avanti - n.d.a.) solo come elementi di un idoneo disegno che mira, nel quadro dello sviluppo socio-economico di tutta la regione, non a dequalificare le istituzioni universitarie triestine ed a creare a Udine strutture occasionali e parassitarie, ma a garantire, in prospettiva, lo sviluppo nella regione di due università, autonome ed efficienti, non in concorrenza tra loro per assicurarsi questa o quella etichetta di prestigio, ma pronte a servire tutti i nostri studenti, specie quelli residenti nelle zone del Friuli occidentale, del Basso Friuli, della Carnia, del canal del Ferro e della Valcanale e delle vallate del Natisone, aprendo così vere prospettive di progresso culturale, di reale uguaglianza nell'esercizio del diritto allo studio, di seria qualificazione.
di Caporiacco."
Quel mio riferimento ad "altre università venete" sottintendeva in particolare Padova. Non era un mistero che a Udine c'era chi trattava per ottenere facoltà decentrate da quella università. Ramani (che era il relatore della legge) disse ("Atti consiliari", pag. 13689)  "...l'università (di Udine)  non deve nascere battendo le strade più diverse, andando di volta in volta a Bologna o a Padova; essa deve venire alla luce come una figlia dell' università di Trieste che, si voglia o no, è l'ateneo regionale; una figlia che non sia divorata sul nascere dalla madre, o una figlia che non divori poi la propria madre, come in natura talvolta succede."   
Nella illustrazione di questo ordine del giorno ebbi con il consigliere del Pci Bergomas un vivace scambio di battute.
" di Caporiacco. Non era assolutamente un appunto, signor Presidente.(Mancava dall'aula Berzanti - n.d.a.)   Era una constatazione con la quale intendevo sottolineare che la Giunta non ha udito ciò che ho detto, e quindi l'onorevole Berzanti non può essersi trovato di fronte alle proprie parole, come invece mi sarebbe piaciuto.(Era il riferimento al discorso del 13 giugno - n.d.a.)
Bergomas. Ma occorre tanto per dire che hai cambiato cavallo!"
Bergomas intendeva riferirsi alla  mia uscita dal Movimento Friuli e supponeva , come il suo partito e il giornale dello stesso, che io stessi per aderire alla Dc.
"di Caporiacco. Collega Bergomas! Io non capisco....
Presidente. Non raccolga, non raccolga....
di Caporiacco. Mi consenta, signor Presidente, di replicare. Io non capisco, collega Bergomas, perché tu, con una pertinacia certamente degna di una causa migliore, ti ostini a battere un tasto stonato. Se questo ti diverte, continua pure, tanto a me non dai fastidio; né mi interessa essere in pace con te o con i tuoi compagni; mi interessa semplicemente essere in pace con la mia coscienza, dopo di che non ho bisogno né delle tue etichette, né di quelle dell' 'Unità', come non ho bisogno di attestati di benemerenza da parte di nessuno. Come io faccio gli affari miei, così ti prego di fare i tuoi. E con questo spero che le battute che tu, pervicacemente, continui a ripetere..
Bergomas. Già, ma anche tu non sei alieno!
di Caporiacco. E allora veniamo ai fatti!
Presidente. Prego, chiudiamo la parentesi.
di Caporiacco. No, signor Presidente!Veniamo ai fatti!  Il tuo giornale, 'l'Unità', caro collega Bergomas, il quotidiano che dice sempre la verità, mercoledì scorso...
Bergomas. Si sforza di dire la verità!
di Caporiacco. ...mercoledì scorso mi attaccava, definendomi 'un portatore d'acqua della D.C.'; il giorno dopo, quando io ho votato, per appello nominale, unico qui dentro, un ordine del giorno presentato dal tuo partito e dal PSIUP, 'l'Unità' non l' ha nemmeno accennato. Il che significa che la verità, per voi, coincide con l'opportunismo; il che significa che la libertà, per voi, è una cosa sconosciuta, almeno la libertà di stampa.
Cuffaro. La stiamo studiando!"
Per la Giunta parlò l'assessore Giust. Poi dissi:
"Signor Presidente, egregi colleghi. Credo che l'ordine del giorno che ho presentato abbia fornito l'occasione per un dibattito proficuo. Devo ringraziare l'assessore Giust (Dc) ed il collega Ramani (Dc), relatore, per quanto hanno detto; il collega Pittoni (Psi), con il quale ho amabilmente polemizzato; il collega Bosari (Pci),  per la sua adesione; e naturalmente i colleghi Boschi e Morelli (Msi-Dn) che hanno aggiustato il tiro di una certa posizione: ecco, mi sembra che a difendere l'ultima trincea del campanilismo triestino sia rimasto soltanto il collega Morpurgo (Pli); questa la mia constatazione (...) Ritengo di aver raggiunto lo scopo che mi era prefisso, e pertanto ritiro l'ordine del giorno."
Era evidente che complessivamente la situazione politica si stava evolvendo in senso moderatamente favorevole.
In novembre 1972 si discussero, come consuetudine, i bilanci.. Presentai 12 ordini del giorno, riproponendo i temi che stavano alla base della azione del gruppo consiliare al quale ero appartenuto, anche se poi ero rimasto solo.
Occupiamoci prima dell'ordine del giorno collegato al problema dell'università: il n. 7.
"Il Consiglio regionale, discutendo i bilanci preventivo 1973 e consuntivo 1971; tenuto conto dei precedenti dibattiti sull'argomento delle istituzioni universitarie nella regione, dei voti espressi dal Consiglio in più occasioni e delle dichiarazioni rese dal Presidente della Giunta regionale onorevole Berzanti il 13 giugno 1972,  impegna la Giunta a) a perseguire, per quanto di sua competenza, l'obiettivo di giungere all'istituzione di una seconda università nella regione, con sede in Udine, nel quadro di uno sviluppo coordinato dall'istruzione universitaria; b) a svolgere presso il Governo e il Parlamento tutte quelle azioni che ne garantiscano il raggiungimento, attraverso le decisioni legislative e gli interventi di competenza statale; c) a preordinare e considerare articolazioni di istituzioni universitarie nella regione solo come elementi di un idoneo disegno che mira, nel quadro dello sviluppo socio-economico di tutta la regione, a non dequalificare le istituzioni universitarie triestine e a creare a Udine strutture occasionali e parassitarie, ma a garantire - in giusta prospettiva temporale - lo sviluppo nella regione di due università, autonome ed efficienti, non in concorrenza tra loro per assicurarsi questa o quella etichetta di prestigio, ma pronte a servire tutti i nostri studenti, specie quelli residenti nello zone del Friuli occidentale, del basso Friuli, della Carnia, del Canal del Ferro e della Valcanale e nelle vallate del Natisone, aprendo così vere prospettive al progresso culturale, di reale uguaglianza nell'esercizio del diritto allo studio,di seria qualificazione.
di Caporiacco."

La svolta a sinistra e a destra. 

Tenuto conto della evoluzione in atto nel gruppo consiliare del Pci e anche della posizione che aveva assunto il consigliere del Msi-Dn,  Boschi, pur dichiarando di prendere atto delle dichiarazioni del Presidente della Giunta, che ricalcavano quelle del 13 giugno 1972, chiesi la votazione.
Il risultato fu per qualche verso sorprendente: l'ordine del giorno non fu approvato ma lo votarono, oltre a me, "il consigliere
Boschi ed i consiglieri presenti del P.C.I., astenuti i consiglieri Gefter Wondrich e Morelli (anch'essi del Msi-Dn  - n.d.a.); contrari i consiglieri dei gruppi di maggioranza" (così negli "Atti consiliari", pag. 14537).
Secondo un mio appunto, votò a favore anche il consigliere D'Antoni che era stato eletto per il Pri e all'epoca era nel gruppo del Psdi.